Educare alle emozioni: cosa significa?

Nel rapporto con un bambino è molto importante riconoscere ed accettare le emozioni che prova, soprattutto quelle spiacevoli. Spiegargli cosa gli sta accadendo lo rassicura sul fatto che ciò che prova può essere recepito, compreso e tradotto in parole ed é quindi consentito e normale provare per esempio rabbia, paura, gelosia, tristezza o altro. Il fatto stesso che l’adulto non si lasci turbare dalle emozioni del bambino ma anzi, ne parli, impedisce che il bambino possa spaventarsi da ciò che sta provando.
E’ necessario rassicurarlo sul fatto che le emozioni che prova non sono così catastrofiche né così durature. Questo perché i bambini, fino a circa 6 anni non hanno ancora acquisito il concetto di durata del tempo anche se percepiscono lo scorrere del tempo, tengono a mente episodi singoli e situazioni specifiche. Per loro il mondo è quello che si vive e si fa in quel preciso momento.
L’educazione, tuttavia, non agisce solo attraverso le parole e le azioni dirette al bambino ma soprattutto attraverso i modelli che gli vengono offerti. I bambini imparano ciò che gli adulti fanno.
L’adulto che esprime e parla di ciò che egli stesso sta provando gli trasmette che si può parlare dei propri stati d’animo. In questo modo stimola in lui il senso di fiducia nella comunicazione con l’altro e fiducia in sé stesso, in ciò che percepisce dentro di sé. Quando viene stimolato a prendere contatto con le sue emozioni mantiene la sua emotività, impara a non averne paura e, nelle circostanze meno favorevoli, a sviluppare modi che gli permettono di sopportarle, di tranquillizzarsi e confortarsi da solo. Quando i genitori riconoscono e accettano le emozioni spiacevoli dei loro bambini e li aiutano ad affrontarle, i bambini imparano a regolare le proprie emozioni e a sviluppare un comportamento positivo, ad imparare dagli errori più che a drammatizzare i fallimenti. Al contrario, quando i genitori puniscono o ignorano i bambini, quando mostrano queste emozioni o si arrabbiano con loro, i bambini si chiudono e poiché l’emozione permane, impedisce lo stabilirsi di quella fiducia di base fondamentale nel rapporto con gli adulti di riferimento. Il bambino che affronta le emozioni dolorose da solo potrebbe, per esempio, diventare impassibile, non ammettere di sentirsi triste, spaventato o arrabbiato per timore di essere rifiutato, incompreso, deriso o per evitare di provarne vergogna.